3 maggio, istituita la Giornata nazionale per i giornalisti uccisi. Meloni: “Ricordare è un dovere dello Stato”

Giornalismo e memoria: il 3 maggio sarà la Giornata nazionale in onore dei giornalisti uccisi. Meloni: “Un dovere che diventa legge dello Stato”.

Roma, 17 luglio 2025 – Con voto unanime del Parlamento, è stata approvata la proposta di legge che istituisce la Giornata nazionale in memoria dei giornalisti uccisi a causa del loro lavoro. Una decisione che ha raccolto il consenso trasversale delle forze politiche e che, a partire da quest’anno, renderà il 3 maggio una data solenne nel calendario civile italiano.

A commentare con profonda soddisfazione l’approvazione è stata la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha definito il provvedimento un atto di giustizia e gratitudine verso chi ha sacrificato la vita per garantire il diritto all’informazione.

“Accolgo con grande soddisfazione l’approvazione unanime della legge. Il 3 maggio sarà un momento solenne per onorare chi ha messo la propria passione, la propria professionalità e il proprio coraggio al servizio di tutti noi”, ha dichiarato la premier.

Il senso della Giornata: informare a rischio della vita

Il 3 maggio è anche la data scelta dall’UNESCO per celebrare la Giornata mondiale della libertà di stampa, e l’Italia vi aggiunge ora un significato ancora più profondo: onorare i giornalisti uccisi nell’esercizio del proprio dovere.

Si tratta di una categoria spesso esposta a gravi rischi, che opera in contesti di guerra, sotto minaccia della criminalità organizzata, in territori dimenticati, o dove la verità fa paura. “Uomini e donne che hanno fatto arrivare i nostri occhi dove altrimenti non sarebbero mai giunti”, ha ricordato Meloni.

Un lungo elenco di nomi che non possiamo dimenticare

Nel suo intervento, la Presidente del Consiglio ha ricordato alcuni dei giornalisti italiani caduti mentre svolgevano il proprio lavoro, veri e propri simboli di libertà e dedizione alla verità.
Tra i nomi citati:

  • Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato,
  • Peppino Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava,
  • Mauro Rostagno, Beppe Alfano, Giancarlo Siani,
  • Walter Tobagi, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin,
  • Marco Luchetta, Alessandro Saša Ota, Dario D’Angelo,
  • Antonio Russo, Enzo Baldoni, Andrea Rocchelli,
  • Maria Grazia Cutuli, Almerigo Grilz.

Ognuno di loro ha rappresentato una voce scomoda, una presenza scomoda, in un mondo dove raccontare i fatti può costare la vita. Le loro storie coprono decenni di cronaca italiana e internazionale, dalla mafia alle guerre balcaniche, dal terrorismo alle missioni in Medioriente.

Un dovere istituzionale e morale

Rendere omaggio a questi giornalisti è un dovere – ha sottolineato la premier – e oggi questo dovere viene sancito da una legge dello Stato. Ci impegniamo ad onorarlo”.

L’iniziativa ha un valore che va oltre la memoria: è anche un monito a non abbassare la guardia sulla libertà di stampa, su chi cerca di raccontare la realtà senza filtri, spesso sfidando silenzi, minacce e censure.

L’Italia e la libertà di stampa: una sfida ancora attuale

Sebbene sia un Paese democratico e tuteli formalmente la libertà d’informazione, l’Italia non è immune da intimidazioni, pressioni e violenze contro i giornalisti. Solo negli ultimi anni, si sono moltiplicati casi di cronisti sotto scorta, aggressioni durante manifestazioni, e difficoltà legate a cause giudiziarie e querele temerarie.

In questo contesto, l’istituzione di una giornata nazionale per ricordare chi ha perso la vita per informare rappresenta un forte segnale politico e culturale: l’informazione libera non è un lusso, ma un presidio democratico essenziale.

Una data per non dimenticare

Il 3 maggio sarà, da oggi in poi, un giorno di raccoglimento e riflessione. Non solo per ricordare, ma per educare le nuove generazioni al valore della verità, della libertà di stampa e del sacrificio di chi, con un taccuino o una videocamera, ha sfidato poteri forti, mafie, dittature e guerre per raccontare il mondo.

Un gesto istituzionale che diventa atto di civiltà, riconoscendo la centralità del giornalismo come pilastro della democrazia.

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